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gianluca reale
MONDO DI FUORI 25 MARZO 2020
2020

Mi avventuro nel Mondo di Fuori, assoluta necessità, assenza totale di pane e similari, due bocche da sfamare. Uscire è l’unica soluzione, costi quel che costi visto il tempo da cani, l’oscurità, il silenzio avvolgente, i pericoli che mi attendono là fuori. La procedura la seguo alla lettera, giubbotto pesante anti-pioggia, cappello di lana inculcato, cappuccio tirato su, soldi già in tasca per evitare movimenti eccessivi, mascherina sgualcita posizionata su naso e bocca, guanti in lattice, prima la mano destra poi la sinistra, la sacca impermeabile ripiegata in tasca, quindi le chiavi. Apro il portoncino, un’occhiata nel Mondo di Fuori per verificare che non passi qualcuno proprio mentre mi avventuro, occhi aperti, traiettorie larghe a distanza di sicurezza da altri esseri umani, la traversata non è poi così lunga, ma le condizioni sono impervie. Non passa un’auto, una figura umana, probabilmente femminile, non si distingue bene, mi precede di una ventina di metri, occhio mi dico, stai lontano, piove sempre più forte, la parte bassa dei miei jeans è giù tutta bagnata, cammino in mezzo al fiume che scorre sull’asfalto, carico di cinque sacchi della spazzatura, il cassonetto lo immaginavo più vicino, il panificio anche, la mia meta. Proseguo, l’unica luce viva è quella del bombolaio, attività di prima necessità, il lavaggio è chiuso, la Curva è tutta spenta, le trattorie dell’arrusti e mangia sono solo l’ombra del mondo com’era, è tutto buio senza vita, atrofizzato, oscurato, resta solo la luce dell’insegna rossa di Achille, incomprensibilmente gentile, l’unico ricordo della vita che fu in questo pezzo di strada. Il vento spara raffiche, finalmente il panificio, ho scelto quello più vicino, non c’è nessun altro cliente, entro e ordino un po’ di tutto, sfilatini, scacciatelle, focaccine, meglio fare rifornimento, al limite congelerò, poi sull’uscio appare la figura femminile che mi pare di avere individuato prima, sotto l’acqua battente, svicolo in fretta, mi rimetto sui miei passi, il vento mi gira l’ombrello al contrario un paio di volte, lotto, mi guardo intorno mentre avanzo a passo forzato verso il portone di casa, non incrocio nessun disperato, nessuno che sputacchi a terra dei catarri potenzialmente radioattivi, sacchetti pieni di spazzatura lasciati sotto un albero, i soliti barbari, nel mondo di prima li avrei raccolti e portati nel cassonetto, ma resisto, proseguo, vedo il portoncino, mi preparo, tiro fuori le chiavi, l’ombrello ormai è a brandelli, infilo nella toppa quella che apre, entro alla svelta, sono in salvo, protetto dentro il mio maniero. Per stasera abbiamo da mangiare. Domani si dovrà tornare fuori.