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andrea santarlasci
LE NOSTRE INVISIBILI MEMORIE
2019

Oltre il coronavirus: Le nostre invisibili memorie, 2019.
L’installazione Le nostre invisibili memorie -2019- è stata realizzata nello spazio seminterrato di Palazzo Corboli, sede della Biblioteca Comunale di San Giovanni Valdarno, dove sono conservati i reperti di uno scavo archeologico che ha interessato le aree attigue a Palazzo d’Arnolfo. L’intervento, in qualche modo, è divenuto l’incipit della più ampia mostra In segreto, tenuta nel dicembre 2019, che includeva anche gli spazi di Casa Masaccio. Questo progetto era stato da me pensato e elaborato per attivare una riflessione-meditazione sui motivi della morte, della morte collettiva che è la morte di molte soggettività, di molte persone e dei loro mondi. Il lavoro si riferisce ai temi storici, antropologici e sociali della città attraverso l’esposizione di macerie e resti umani, che alcuni studiosi ricollegano all’epidemia di peste del 1479, raffigurata anche nell’affresco Il Miracolo di Monna Tancia conservato nella Basilica di SS Maria delle Grazie. Il luogo sotterraneo di Palazzo Corboli è un ambiente segreto e abitualmente inaccessibile, che può dis-velarsi come spazio visionario, dove ogni reminiscenza diviene capace di generare concrete realtà, tangibili presenze dentro una zona d’ombra. Queste dense ma fantasmatiche visioni riguardano le vicende stratificate della città, ma allo stesso tempo possono introdurre meditazioni sul nostro mondo contemporaneo, immagini equivalenti e in qualche modo sovrapponibili del passato e del presente, di una civiltà che ci è dato leggere anche nella sua possibile decadenza.

Il titolo Le nostre invisibili memorie nasce anche dalla consapevolezza che in ogni realtà resiste e risiede qualcosa di non detto, di non dicibile che talvolta rimane irriducibile alle nostre domande. Ciò che non si può dire e non si può scorgere non è però qualcosa di neutro, innocuo e non sostanziale, nell’inafferrabile e nell’invisibile sopravvive qualcosa di palpabile, un segreto di cui possiamo fare esperienza e condividerlo senza disvelarlo. Credo sia possibile entrare in relazione con questo indicibile e tentare un’esplorazione concreta del suo inarginabile mistero attraverso un altro piano di lettura e una diversa e non omologata percezione della realtà, che può risultare spesso polisemica e impenetrabile, ma che proprio tramite le nostre incertezze, nella sua ritrovata oscurità, diviene promessa di ulteriori istanze, di ulteriori esperienze e forse, fuori da un puro pensiero storico, da un puro disegno prospettico, speranza per una nuova, più complessa e articolata idea di futuro. Questi resti della morte ci donano memorie della vita, di quali vite? Quali vite ci parlano attraverso questi resti? La vita fisica e biologica o la vita psichica e interiore, la vita relazionale e sociale o la vita individuale e soggettiva? Forse tutte queste insieme se sapremo ricordare o meglio sapremo immaginare e rintracciare ogni esperienza dentro ogni memoria, ogni memoria futura dentro queste macerie spesso invisibili ma presenti nel nostro presente, poiché talvolta è proprio nelle pieghe del passato che si dischiude qualcosa che ci era precedentemente sfuggito, un lucore che chiamiamo veggenza.