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roberta baldaro
LA SOGLIA
2020

Non ho mai considerato la fotografia come la conclusione del paesaggio, consacrazione di un luogo scelto fra tanti. Il paesaggio non è perimetrabile, è un fenomeno che si sottrae a qualunque tentativo di interruzione.
E la fotografia per me è solo l’inizio, perché il disegno ne dilata lo spazio e trabocca oltre ciò che inquadro. La veduta originale – fotografica – si estende in direzioni inaspettate – disegnate – e non si tratta di ricostruire scenari esclusi, ma di inventare possibili traiettorie: fotografo il paesaggio e disegno ipotesi.

È così che nasce (nel 2011) “Posto nuovo”, ampio progetto che comprende diverse serie di fotodisegni. Un lavoro che scaturisce dall’incontro di due luoghi, quello fotografato e quello disegnato, l’esterno e l’interiore. “Posto nuovo” è quindi un generatore di paesaggi (su carta). È sulla soglia delle fotografie che quel che è rimasto fuori dall’inquadratura, il fuori scena, può accadere.

Definisco volutamente “soglia” il perimetro delle fotografie che stampo, e non bordo, limite o confine. La soglia è una linea attraversabile per sua stessa natura, un solco che non propone una sola scelta (dentro o fuori, qui o altrove), ma che traccia un’azione ripetibile all’infinito (o quasi), come varcare la soglia di casa.
Grazie al disegno, un tipo di lavoro prettamente

domestico, sedentario, quasi atemporale, questo periodo di quarantena sarebbe un buon momento per “smarginare”, per fantasticare. Ma adesso, dal mio abituale rettangolo di lavoro manca il punto di partenza: la fotografia.
La mia scelta del paesaggio oggi non si compie. Non posso uscire di casa, la mia posizione è data, dettata da una necessità, collettiva. Eppure non trovo che questa sia una vera limitazione. Ancora una volta preferisco adoperare la parola “soglia” e applicarla a tutti i limiti che conosco: spaziali, temporali, sociali, vitali.

Penso quindi insistentemente alla serie “Tramare” (tratta da “Posto nuovo”), datata 2016. Una sequenza di pali di legno, infilzati sulla spiaggia e ritratti singolarmente, che tengono lembi di stoffa stirati e gonfiati dal vento. Il disegno distende pazientemente, oltre la stampa fotografica, i lembi delle stoffe e ne svela il fuori campo, reale o fittizio (“Tramare” è tessere fili ma anche inganni).

Porsi di fronte a un limite imposto come se si trattasse di una soglia è solo un modo di ridefinire i contorni del proprio spazio, della propria vita. Esser consapevoli che quella striscia di pavimento di casa, il punto di contatto tra dentro e fuori, sia solo un punto di sosta, da dove progettare, ossia, gettare avanti, sempre.